23 Giu “VITA DA PRIVACYISTA” PUNTATA 22 – 1 ESPERTO/A ALLA SETTIMANA, 20 DOMANDE FUORI DAGLI SCHEMI
“VITA DA PRIVACYISTA” – Ventiduesima puntata – 1 esperto/a alla settimana, 20 domande fuori dagli schemi
A cura di Luca Bolognini
La rubrica-intervista che raccoglie idee originali dai migliori esperti di privacy e diritto dei dati in Italia e all’estero. L’esperta di questa settimana è…
- Nome, cognome, ruolo oggettivo e ruolo “putativo/desiderato”
Laura Liguori, Socia di Portolano Cavallo, Avvocata. Una persona curiosa, amo il ragionamento logico e le relazioni umane, mi piace risolvere problemi.
- Perché e quando iniziasti a occuparti di privacy e protezione dei dati personali?
Mi sono laureata nel 1996 con una tesi sull’allora disegno di legge sulla protezione dei dati personali, grazie all’insistenza del mio professore di Diritto dei Mezzi di Comunicazione di Massa (lo so il nome del corso sembra veramente antico!! un’era fa…) Giuseppe Corasaniti.
- Cosa ti annoia della privacy/data protection?
Mi annoiano e mi inquietano alcune derive “formalistiche” soprattutto in Italia.
- Gli anglicismi sono inevitabili per chi si occupa di questa materia (come il latinorum per altri ambiti), o ci stiamo sbagliando?
Io forse non mi accorgo neanche più di questi anglicismi e cerco di soffermarmi più sulla sostanza: sicuramente “data protection” è più facile da menzionare che “protezione dei dati personali”. Credo che sia innegabile e non farei la lotta contro gli anglicismi per partito preso: mi danno altrettanto fastidio termini come “lista consensata” o gli anglicismi italianizzati come “deliverare”.
- Pensi che la privacy stia a cuore della gente? È davvero “pop” o non interessa niente?
Credo che sia un argomento pop: che poi al fatto che sia diventata “mainstream” corrisponda una vera consapevolezza dei temi, non mi sembra.
- Come gliela spieghi, questa disciplina, ai bambini delle elementari?
Questa disciplina si occupa di proteggervi in un luogo pubblico, cioè visibile a tutti. È come se tu – attraverso i social e Internet – stessi da solo in mezzo a una piazza con migliaia di persone che ti guardano. La differenza è che in una piazza come luogo fisico la visibilità è limitata ad alcune persone, in quella virtuale ogni cosa che fai è visibile a migliaia e migliaia di persone. Di fatto oggi esistono tre mondi: privato (la tua cameretta), pubblico (la scuola, lo sport, ecc.) e super-pubblico (i social network e Internet). Questa disciplina serve anche a regolare le varie dimensioni e a fare in modo che sia sempre tu a decidere cosa condividere e cosa no – Magari questa spiegazione non coglie tutti gli aspetti ma aiuta a capire…
- L’ora, secondo te, più buia per la privacy in Europa negli ultimi 10 anni?
La psicosi del 25 maggio 2018: chi si occupava di privacy ha visto cose che voi umani…
- L’ora, secondo te, più luminosa per la privacy in Europa negli ultimi 10 anni?
Non credo di contraddirmi se dico che il GDPR ha gettato una nuova luce su questa materia. Ma il vero “click” secondo me è stato la vicenda Snowden: lì, a torto o a ragione, la privacy e la protezione dei dati sono diventati temi importanti e di cui hanno iniziato a parlare giornali, Tv, scuole.
- I consulenti, i DPO e i privacy officer stanno diventando decine di migliaia. Un male o un bene?
C’è posto per tutti. Il lavoro da fare è tantissimo, l’importante è non sfornare competenze sulla carta e non credere mai di essere “arrivati”. Questa materia è flessibile, muta, ci vuole molta umiltà e avere sempre un atteggiamento aperto, curioso, pensare di potere sempre imparare qualcosa di nuovo.
- I dati personali sono monete?
Di fatto oggi lo sono. La sfida è coniugare questo con il fatto che le monete in questo ambito rappresentano diritti fondamentali.
- Quando leggi notizie di dure sanzioni alle imprese, esulti o ti preoccupi?
Cerco di avere un atteggiamento neutro. Le sanzioni possono non essere il vero tema centrale di un provvedimento del Garante: il vero tema sono le misure correttive e con cosa si sta riempiendo il concetto di accountability.
- Con sincerità e senza retorica: credi che il “consenso preventivo dell’interessato” sia ancora una buona idea nel “tutto digitale”?
Non credo che il consenso preventivo sia la chiave. Il paradigma consenso +informativa è obsoleto e nel mondo in cui ci muoviamo oggi è una utopia. Ne parlammo proprio con l’Istituto dieci anni fa…
- Con sincerità e senza retorica: è davvero possibile sintetizzare e rendere semplici i tanti contenuti obbligatori di un’informativa privacy?
Credo che cercare di rendere semplici le informative su trattamenti e processi complessi come quelli di oggi (e in futuro sempre di più) sia impossibile se si rimane ancorati al concetto tradizionale di informativa scritta. Se si pensa a soluzioni di legal design invece credo che sia possibile.
- Leggi sempre le informative privacy e le cookie policy sui siti e sulle app che utilizzi personalmente?
Confesso che non lo faccio.
- DPO più top manager o più mini-garante?
Un top manager garante si può dire?
- Un tuo consiglio di metodo a un giovane DPO.
Sviluppa le tue capacità di ascolto, di mediazione, negoziazione, il pensiero prospettico. Cerca di avere sempre la visione di insieme.
- L’Unione Europea fa troppe regole e frena l’innovazione: vero o falso?
Vero, purtroppo. Buone intenzioni, ma a volte poco efficace la realizzazione.
- Il GDPR è al passo con l’Intelligenza Artificiale e il Metaverso?
Il GDPR è un ottimo inizio. Poi ci sono molti altri temi che bisogna considerare quando si parla di AI e Metaverso, che vanno oltre la privacy.
- Tra dieci anni: protezione dei dati o protezione degli effetti personali?
Tra dieci anni: protezione della persona.
- Puoi consigliare un libro, che non sia “L’Arte della Privacy”, ai tuoi colleghi e collaboratori. Quale e perché?
Consiglio Privacy Blueprint di Woodraw Hertzog. Per avere una visione nuova di concetti già noti e capire l’importanza del “design” nella tecnologia e come il modo in cui qualsiasi tecnologia viene progettato sia fondamentale per la protezione della persona: una maggiore consapevolezza di questi temi (tra l’etica e il diritto) forse potrebbe addirittura fare superare il paradigma del consenso preventivo.