16 Mag Consultazione europea, IIP: no a diritti connessi contro libera informazione
Roma, 16 maggio 2016 – La Commissione Europea ha lanciato fino a giugno 2016 una consultazione pubblica (http://ec.europa.eu/italy/news/2016/20160323_diritto_autore_it.htm) relativa, tra l’altro, all’idea di introdurre una normativa sui cosiddetti “diritti connessi” da estendere anche a soggetti quali gli editori di giornali (anche e soprattutto on line). Come spiega la Commissione, “attualmente gli editori non percepiscono i diritti connessi, che sono simili al diritto d’autore, ma non sono pagati per la creazione originale di un autore, ovvero per l’opera, bensì per l’interpretazione, da parte di un musicista, un cantante o un attore, o per l’impegno organizzativo o finanziario, ad esempio di un produttore, che implicano una partecipazione al processo creativo.”
L’Istituto Italiano per la Privacy risponderà alla consultazione della Commissione Europea, ma il suo Presidente, l’avvocato Luca Bolognini, segnala da subito una grande preoccupazione: “Questa consultazione evidenzia quantomeno un’intenzione, da parte delle istituzioni UE, di iper-regolare il settore delle informazioni on line seguendo – potenzialmente – logiche obsolete e retaggio di altre epoche, pre-digitali.”
Bolognini motiva con argomenti precisi, logici e giuridici: “In particolare, riconoscere diritti connessi agli editori non per il contenuto in sé di un articolo ma – anche, in aggiunta – per il mero modo e contesto scelto dall’editore di pubblicarlo (grafica, formati tecnologici) costituirebbe un escamotage degno del paradosso di Zenone (quello per cui un tratto da percorrere è suddiviso al suo interno in infiniti punti e rende impossibile ad Achille raggiungere la tartaruga, dove il tratto sarebbe, per l’occasione, il diritto di proprietà intellettuale connesso e la tartaruga, ridendo dicere verum, l’informazione).”
E aggiunge: “Sul piano squisitamente giuridico, questa “mitosi del diritto” comporterebbe il rischio di una moltiplicazione di strati e sovrastrutture legali che impedirebbero ancora di più – in un’Europa già non particolarmente amica del fair use e del diritto di breve citazione on line – il libero accesso alle informazioni e la libera espressione nell’era digitale. Una millefoglie formalistico-burocratica di questo tipo avvantaggerebbe solo il mercato degli editori tradizionali, di fatto impedendo, nella sostanza, il pieno rispetto di quanto scolpito da 68 anni nell’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere” [Everyone has the right to freedom of opinion and expression: this right includes freedom to hold opinions without interference and to seek, receive and impart information and ideas through any media and regardless of frontiers].
Bolognini conclude: “Se dovesse passare una norma di questo genere, sarebbe chiaro l’intento, cioè limitare il margine di manovra dei motori di indicizzazione delle news, in Europa; ed è evidente che questo laccio avrebbe una sola vittima: la possibilità degli utenti-cittadini digitali di informarsi facilmente, con pochi click, reperendo contenuti che altrimenti sarebbero irraggiungibili e di cui l’utente medio non sospetterebbe, spesso, neppure l’esistenza.”